FARE sta a destra o a sinistra?

Se ti azzardi a parlare di politica, prima o poi arriva il momento in cui ti chiedono se sei di destra o di sinistra. Figuriamoci poi se fondi un partito
Pietro Monsurò ha avviato un dialogo che includeva la domanda

La distinzione tra destra e sinistra esiste, anche se forse solo nella testa degli elettori, e posizioni non chiare allontanano gli elettori. Fare da che parte sta?

io ho provato a rispondere in modo un po’ conciso qui

Io dico che sta dalla parte di Renzi. Non è possibile prestar fede a chi predica libertà o federalismo e poi pratica il contrario. Gli elettori lo hanno capito e aspettano un’alternativa credibile. L’unico problema di Renzi è che si ostina a rimanere in un partito dove c’è gente come Fassina. Se riesce a riformare il PD dovremmo andare con lui, se non ci riesce, forse dovrebbe essere lui a considerare di venire con noi e con quella parte del paese che vuole un’Italia diversa

Giordano Masini interviene in questo post osservando:

Quando, nel nostro documento, sostenevamo che “non è molto convincente chi subordina la propria collocazione politica alle scelte – anche personali – di un dirigente di un altro partito” ci riferivamo proprio a questo. Se dovessimo accompagnare Renzi nel “suo” PD riformato, o comunque seguirlo in un “altrove” ancora non precisato dove potrebbe collocarsi domani, non si capisce per quale ragione dovremmo darci tanta pena per tenere in piedi il nostro partito. Basterebbe iscriversi oggi al PD, e aiutare Renzi a riformarlo, o aspettare un suo segnale per andarci a mettere dove a lui aggrada. Sempre che a lui la cosa faccia piacere, ma questo è un altro discorso.

La questione è più complicata di quanto possa sembrare e io l’ho liquidata troppo in fretta. Cerchiamo di capirci. Il nodo principale è che:

  1. Destra e sinistra sono categorie inadeguate e fuorvianti*
  2. Molti non riescono ad accettarti se non ti inquadrano, anche approssimativamente in queste due coordinate

Che si fa? Cosa rispondere a chi non accetta come risposta “né a destra, né a sinistra”?
Per capirsi è bene fare poche pippe e badare alla sostanza: per dire Grillo sta a destra o a sinistra?
Il risultato che ha raggiunto l’ha ottenuto posizionarsi come rispetto a questi due punti riferimento?

Dicevo poche pippe, e guardiamo alla sostanza:

  • Se mi prendo la briga di fondare un partito nuovo, vuol dire che i vecchi non solo non mi rappresentano, ma non li considero neanche recuperabili
  • Se vuoi capire se sono più vicino al PD al PDL o all’UDC la risposta è che sono lontano 1000miglia da tutti e tre
  • Se non riesci a concepire un oggetto totalmente nuovo allora ti dico che puoi immaginare che siamo come Renzi, ossia dei rottamatori che vogliono costruire qualcosa di diverso da chi c’era prima
  • Questo non vuol dire che siamo renziani fuori dal PD, vuol dire che Renzi e pochi altro (es Ichino, alcuni liberali finiti per caso o per sbaglio nel PDL o nella Lega) sono gli unici interlocutori dentro i vecchi partiti con i quali potremmo eventualmente dialogare (ammesso e non concesso che lo vogliano loro)

Dunque se per destra e sinistra intendiamo i vecchi partiti la risposta non può che essere di rottura radicale con tutti. Con chi vi alleate allora? Con nessuno dei vecchi partiti, ma con tutti quelli che, non essendo compromessi con la casta che ha rovinato il paese sono disponibili a trovare accordi sul programma. Ma dove andate senza alleati?

Crediamo ragionevolmente di poter raggiungere la massa critica per essere diventare un soggetto a se stante che possa dialogare con gli altri sui singoli provvedimenti. L’idea non è campata per aria poiché vista la frammentazione esistente e il declino dei vecchi partiti, oggi i partiti minori  contano molto più che in passato.  Inoltre Grillo prova che gli elettori sono disposti a dare una opportunità agli outsider

Vabbè ma andando con Renzi buttate a mare gli elettori di destra? Tutte capre?
NO se con destra e sinistra intendiamo gli elettori e non i vecchi partiti (e le elezioni dimostrano sempre più che i primi non si riconoscono più nei secondi) allora il discorso cambia radicalmente.
Crediamo di poter rappresentare sia quegli elettori tradizionalmente di centro sinistra che considerano la meritocrazia, la trasparenza e la lotta al capitalismo clientelare (quello dove stato e grande impresa formano una associazione a delinquere ai danni dei cittadini) come istanze da portare avanti, sia quelli tradizionalmente di centro destra che desiderano uno stato più leggero, che tassa di meno e aiuta i cittadini a vivere meglio e soprattutto non ostacola la creatività e l’entusiasmo di chi vuole fare impresa.

Ragionare tanto sulle alleanze poco sui programmi e sui valori è un retaggio della vecchia politica. La nuova politica si costruisce dicendo chiaramente quello che si vuol fare, come si può farlo e su che cosa non si è disponibili a scendere a compromessi. Questo, gli elettori lo capiscono e, come prova l’esperienza di Monti, lo apprezzano più di un alleanza con Fini e Casini.

Dove vi collocate allora?
Dalla parte opposta dei vecchi partiti ossia dalla parte di molti dei loro ex elettori, quelli che lavorano e producono e non vivono di rendite parassitarie.

@massimofamularo

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Apologia di Socrate

*Per chi non riesce proprio a fare a meno delle categorie destra e sinistra c’è la risposta più articolata e tediosa. Per capire se FARE è di destra o di sinistra allora bisogna prima chiarirsi su cosa si intende per destra o sinistra.

Se Destra è il populismo di Berlusconi che promuove un capitalismo clientelare in cui lo stato e le grandi imprese si alleano per difendere monopoli e rendite di posizione allore FARE non può essere di destra.
Se destra è intesa come retorica dello stato unitario, centrale, interventista e con contorno di corporativismo fascista allora FARE non può essere di destra.
Se destra è intesa come visione liberale in cui lo stato si occupa di difesa, giustizia e ordine pubblico e di fare in modo che tutti possano competere ad armi pari, assistendo chi è in difficoltà temporanea o permanente, senza ingerire oltre nella vita dei cittadini allora FARE può essere di destra
Se la sinistra è statalismo oppressore, approccio antimpresa o mistica anticapitalista allora FARE non è di sinistra
Se la sinistra è quella parte che guarda alle libertà individuali, sia civili che economiche allora FARE può essere anche di Sinistra

Pubblicato da Massimo Famularo

Investment Manager and Blogger Focus on Distressed Assets and Non Performing Loans Interested in Politics, Economics,

9 pensieri riguardo “FARE sta a destra o a sinistra?

  1. Massimo, approfitto di questo tuo generoso tentativo per dire alcune cose che mi frullano in testa da molti mesi e che confliggono con la tesi che tu tenti di difendere qui e che è molto diffusa in Fare, senza contare che le tesi alternative sono ancora più fuori strada, a mio avviso.

    Io credo che ci sia molta confusione tra PRODOTTO POLITICO e MARKETING POLITICO.

    Un conto è COSA E’ INDISPENSABILE VENDERE per ottenere il risultato di PRENDERE IL TOPO.
    Un altro è COME PIAZZARLO PER RENDERLO POPOLARE.

    Io ritengo (e vorrei che qualcuno mi correggesse su QUESTO PUNTO, se sbaglio, dato che mi sembra un punto dirimente per QUALSIASI ANALISI DEL VOTO) che la situazione di un partito politico sia DRASTICAMENTE DIVERSA a seconda che ABBIA o NON ABBIA qualcosa DA VENDERE.

    Perché se l’unico tuo scopo è ottenere rappresentanza parlamentare, SENZA NESSUN TOPO DA PRENDERE, allora diventa piuttosto facile piazzare il tuo prodotto NON CONFLITTUALE CON NESSUNO, ma se INVECE tu vuoi prendere IL TOPO che noi volevamo prendere, ALLORA ci sono delle cose che devi VENDERE PER FORZA, anche se la stragrande maggioranza degli italiani, in maniera PERFETTAMENTE RAZIONALE, a seguito di una sorta di PRISONER’S DILEMMA DI GRUPPO, non vuole assolutamente comprare (*).

    Alla fine, l’unico mercato che hai è proprio quello che hai ben descritto in una frase, che però manca di alcune puntualizzazioni che vado a inserire qui sotto, allungando un po’ il brodo, ma contando che rimanga riconoscibile.

    Crediamo di poter rappresentare sia quegli elettori tradizionalmente di centro sinistra che considerano la meritocrazia (intesa come bonus e opportunità in più ai migliori – che naturalmente comprendono se stessi e che hanno visto FARE come l’occasione di mostrare al mondo il proprio valore, finora passato completamente inosservato da chicchessia, inondandoci di candidature, molte delle quali accettate, IN MANCANZA DI MEGLIO – senza alcuna penalizzazione per chi, volente o nolente, produce meno, dato che nessuno dev’essere lasciato indietro, no?), la trasparenza (intesa come diffusione in streaming di riunioni, ma giammai come dito puntato sugli autori delle cappelle, dato che ciò implicherebbe un “giudizio sulla persona”, isn’t it?, e sappiamo bene quanto la parola “responsabilità” stia bene in bocca, ma non nel portafoglio, giusto?) e la lotta al capitalismo clientelare (quello dove stato e grande impresa formano una associazione a delinquere ai danni dei cittadini, TRADOTTA in protezione per le botteghe del centro dai centri commerciali, per il produttore sfigato di olio, da tutelare con un marchietto DOC, per l’artigiano del mobile che costa 6 volte il suo collega fornitore di Ikea…) come istanze da portare avanti.
    Di questi ce ne siamo trovati un buon numero fra i candidati e gli attivisti. Meno fra gli elettori, dato che questo tipo di istanze sono difese un po’ da tutti i partiti, essendo, com’è ovvio, molto popolari (a mio avviso costituiscono una buona fetta dei voti di Grillo, PD e Lega, oltre ad ampie fette di PDL).
    …sia quelli tradizionalmente di centro destra che desiderano uno stato più leggero, che tassa di meno e aiuta i cittadini a vivere meglio e soprattutto non ostacola la creatività e l’entusiasmo di chi vuole fare impresa e di questi ne abbiamo beccati solo pochi, dato che giustamente li abbiamo mandati a cagare a ogni pié sospinto, ma poco male, dal momento che raggiungono, TUTTI ASSIEME, forse lo 0.1% dell’elettorato EUROPEO, per cui sarebbero irrilevanti, ma in realtà ti fottono perché sono odiatissimi da TUTTI GLI ALTRI.

    Scusa la confusione. Sono di corsa, ma mi fa male continuare a vedere avvitamenti intorno allo stesso problema e vorrei scuotere un po’ la pianta.

    (*) Tutte le chiacchiere sulla lungimiranza che dovrebbe far capire ai milioni di inutili parassiti, ma soprattutto alle DECINE DI MILIONI di persone che FANNO SI’ QUALCOSA DI UTILE, ma vengono pagate per farlo attraverso la MEDIAZIONE DELLA SPESA PUBBLICA – distribuita secondo criteri che saranno pure sbagliati, ma che AL MOMENTO premiano LORO…i tuoi elettori, che non possono essere SICURI che manterranno il loro stipendio se i criteri cambieranno – crollano di fronte all’OVVIA IMPOSSIBILITA’ di dare non dico un ORIZZONTE TEMPORALE al crack prossimo venturo (6 mesi? 2 anni? 5 anni? 10? 20? Chi si azzarda a mettere una cifra sul piatto?), ma neanche una certezza senza tempo, dato che molti economisti sostengono che le cose vanno benissimo…e lascia stare che sono dei coglioni; alcuni di loro hanno vinto premi Nobel e non sarebbe razionale per la signora Cesira assumere che tutti quelli di un certo schieramento sono stupidi o in malafede, no?

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    1. Bepi ti segnalo questo pezzo

      http://m.linkiesta.it/blogs/apologia-di-socrate/l-esempio-della-minoranza

      Dove tra l’altro ho scritto:

      Parliamoci chiaro, per quanto siano in tanti a indulgere nella retorica sulla necessità delle riforme, una maggioranza per attuarla non esiste e non può esistere. Non esiste perché sono tutti riformisti a spese degli altri (per non dire col culo che poi sembra volgare) e non può esistere perché nessuno è disposto a darsi la zappa sui piedi rinunciando deliberatamente a un privilegio o una prerogativa certi e immediati in nome di una qualche ipotetica salvezza futura.

      (…)

      Io dico che se non si può sperare nella maggioranza, si può e si deve concentrarsi sulla minoranza.

      Esiste un limitato numero di persone che possiede sufficiente spirito critico per inquadrare la situazione del paese in modo obbiettivo, per lasciarsi alle spalle categorie inadeguate come destra e sinistra e residui ideologici che non trovano più riscontro nella realtà.
      Questa minoranza appartiene alla parte sana del paese, quella che lavora e produce e che non si sente più rappresentata dalla classe-casta politica che ha fallito portando il paese sull’orlo del baratro.

      (…)

      La mia lettura è che la visione non va veicolata dicendo che occorrono lacrime e sangue per ottenere un beneficio futuro, ma convincendo quelli capaci di intendere che la casa brucia e che questa è l’ultima chiamata per non lasciare ai nostri figli macerie e cenere. Se qualcuno comincia a darsi da fare con i secchi d’acqua altri seguiranno l’esempio instaurando un circolo virtuoso. Certo, come proposta può avere un appeal inferiore rispetto alle grandi ideologie del passato, ma è decisamente meglio che osservare l’incendio distruggere la casa mentre si discute del sesso degli angeli.

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  2. Sono convinto che è proprio una discussione oziosa e, francamente, provo una profonda invidia nei confronti dell’ottimo Famularo e dll’altrettanto ottimo Masini che hanno il tempo da dedicare all’argomento. Da professionista ancora impegnato in attività molto più concrete, che impongono interventi rapidi e risolutivi, ho dovuto imparare ad andare subito al sodo e cogliere gli aspetti essenziali della questione. Destra e sinistra sono il retaggio di una semplice esigenza che si è posta quando in Parlamento i vecchi partiti si trovarono dinanzi al problema di come dividersi i seggi, nel senso di poltrone o posti a sedere. Il PCI e l’area che era più vicina ad esso scelsero di sistemarsi a sinistra, la DC andò a mettersi al centro, mentre il PLI, i Monarchici ed il MSI occuparono i posti di destra. In buona sostanza l’area sinistra rappresentava le ideologie marxiste, l’area di centro la dottrina sociale della Chiesa, e l’area di destra le ideologie liberali e conservatrici e gli eredi del fascismo. Un affare solo italiano, quindi. Altrove, nelle democrazie consolidate, il bipolarismo era la regola e negli Usa sin dall’ottocento vi erano i repubblicani ed i democratici, come in Inghilterra vi erano i laburisti ed i conservatori. Nel resto dei paesi europei il bipolarismo è “imperfetto” ed i partiti si differenziano per programmi che non obbediscono alle vecchie ideologie, ma alle priorità ed ai criteri di analisi e di gestione. La situazione italiana, con l’avvento della seconda repubblica, ha conservato una sua particolare identità, ma si è molto semplificata. Non esiste destra e sinistra, anche se molti (politici, giornalisti e politologi) ne fanno riferimento. Oggi abbiamo il berlusconismo e l’antiberlusconismo, ma nei fatti abbiamo solo un partito unico che è fatto di caste. In un certo senso somiglia molto alla vecchia DC che era un coacervo di correnti. La differenza è solo che questa mirava al potere, anche utilizzando risorse pubbliche, il nuovo partito unico mira all’arricchimento personale dei suoi membri e, naturalmente, al controllo dell’economia e dello Stato. Grillo ha creato una terza forza con lo scopo fondamentale di spazzare via il partito unico e creare le condizioni per far rinascere la democrazia. Renzi persegue lo stesso scopo, ma intende utilizzare un partito rinnovato e progressista. Oscar pensava di essere il “grillo parlante” per tutti e coagulare il consenso della vecchia borghesia, tradizionalmente la spina dorsale della società, e per questo oggetto di una sistematica opera demolitrice da parte del partito unico. Il suo teorema è ancora valido ed il fatto stesso che, malgrado qualche spettacolo indecoroso da parte di alcuni fondatori, una vasta schiera di aderenti sia ancora attiva e si impegna dedicando tempo e denaro ne è una prova inconfutabile. E se ci pensiamo bene, questa circostanza che trae significato e si alimenta sulla presenza anche silenziosa di Oscar è un fenomeno straordinario perchè spontaneo e motivato da una precisa idea che egli ha saputo comunicare. Purtroppo sul piano organizzativo, a causa di quella specie di Statuto che certo non fa onore a coloro che lo hanno sottoscritto (Giannino, compreso) si brancola nel buio più completo ed in una palese illegalità. Ed è in questo il vero problema. La democrazia si fonda sul libero confronto delle idee e sul governo della maggioranza nel rispetto dei diritti della minoranza. Ma in una aggregazione dove la base non si può esprimere pienamente e prevalgono competizioni personalistiche si torna all’antico. Ed emergono legittimamente le posizioni di chi vuole schierarsi a destra e chi a sinistra. Mi spiace, ma se è un piacere leggervi, da “economista di strada” – laureato non in economia, ma cresciuto in un settore dove la si impara sul lavoro e si coltiva da autodidatta – e da cittadino “dilettante” (benchè prima suddito dei Savoia ed oggi dell’oligarchia finanziaria) mi sembra opportuno ricordarvi che il domani è altrove. Grillo l’ha capito ed Oscar l’ha intuito. Perdonate il mio ardire, ma ho anche il difetto di essere un ex alunno dei Gesuiti e sono abituato a ragionare ed a dire come la penso. Cordialità.

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    1. Grazie del commento, concordo su quasi tutto. Anche io ero convinto che fosse ozioso parlare di dx e sx ma poi mi sono accorto che un numero rilevante di persone ragiona in questi termini e con queste persone occorre dialogare. Non penso a una superiorità di chi ha capito che dx e sx non servono e di chi si ostina ad usarle. Penso a lingue diverse e al fatto che è una perdita non venire compresi da alcune persone perché non di riesce a parlare la loro lingua.
      Per il resto trovo comprensibile che anche qualche nostalgico interno voglia tirare fare da una parte o dall’altra, a questi va fatto capire che senza il rifiuto dei vecchi partiti in toto perdiamo una parte rilevante della nostra identità e ci riduciamo alla ennesima cosetta di dx e sx.
      Quanto al dibattito e alla democrazia interna compreso che è stato un errore accantonarli questa volta dovremo promuoverli.
      A presto

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  3. La collocazione di un partito è importante se si parla di alleanze e di elezioni, non essenziale nel momento in cui si sta cercando di capire quale sia l’identità di questo movimento.
    Giustamente qualcuno ha detto che se si vuole essere una stampella di Renzi, basta iscriversi al PD, e non mi sembra il caso.
    Al momento mi dedicherei soprattutto a definire quali siano le linee guida del partito o del movimento che sia.
    Avere un programma (ho partecipato ad un dibattito dove erano presenti Giannino e Ricolfi, ma sembrava una lezione di economia, piuttosto che un dibattito politico) definire quali sono i rapporti con il famoso parastato, il ruolo del sindacato, il ruolo delle associazioni dei professionisti, il rapporto tra lo stato e le migliaia di persone che ci campano sopra grazie alla politica (e non parlo degli eletti, ma di quelli che ottengono favori grazie alla politica, la pletora di comitati, associazioni, poltrone varie, nepotismo, ….).
    Ritengo che lo spessore culturale di chi appartiene a Fare (anche di chi non è laureato a Chicago) possa produrre documenti migliori ad esempio del programma di M5S cha accanto ad una accozzaglia di stupidaggini ha prodotto una serie di proposizioni in cui la gente si è potuta identificare.
    Dopo si potrà anche capire dove sta “Fare …”.
    A disposizione

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