Con la risalita dei contagi la decisione su un nuovo Lockdown si è gradualmente spostata dal mondo del SE a quello del Quando e Come. Sono diverse le considerazioni sui provvedimenti che si sarebbero potuti prendere e sull’efficacia di quelli varati dal governo, tuttavia al momento uno degli aspetti più rilevanti e meno discussi appare l‘ingiusta penalizzazione dei cittadini più giovani che, con ogni probabilità pagheranno il prezzo più alto.
Nella narrativa comune i giovani sono incoscienti, incauti, colpevoli di negligenza nel seguire le misure di sicurezza e desiderosi solo di divertirsi mettendo a repentaglio la salute generale come in apparenza testimoniato dalle notizie di cronaca sulle temibili feste organizzate in case private in violazione delle normative sugli assembramenti. Senza nascondere un substrato culturale di stampo autoritario, il ministro Lamorgese ha dichiarato:
“c’è tra i più giovani una disposizione alla violenza e al non rispetto di alcuna regola di convivenza democratica che ci deve far riflettere anche in termini di azioni preventive”
Luciana Lamorgese, ministro del’Interno
Senza scomodare le esternazioni del governatore De Luca, sulle mamme radical chic,
- le scuole sono state tra le prime istituzioni a chiudere e tra le ultime a riaprire, nessuna ipotesi di realizzare durante i mesi estivi qualsivoglia forma di recupero delle lezioni perdute è stata presa in considerazione
- il danno derivante dalle interruzioni nella frequenza o dalla strutture inadeguate per la didattica a distanza, che verosimilmente ha colpito i ceti sociali più deboli non è stato al momento misurate, nè si è discusso di alcuna misura compensativa
- le misure di sostegno ai redditi e all’ occupazione hanno finora privilegiato i lavoratori pubblici e dipendenti privati a tempo indeterminato a scapito dei precari e degli autonomi tipicamente di età inferiore
- gli interventi dello stato imprenditore/innovatore dal salvataggio di Alitalia alla prossima ricapitalizzazione del Monte dei Paschi porteranno benefici ai lavoratori con maggiore anzianità di servizio, riducendo al contempo le opportunità di nuovo impiego per i giovani
Prima della pandemia i cavalli di battaglia delle campagne elettorali spaziavano dagli anticipi pensionistici e quota 1000 all’abolizione dell’IMU passando per redditi di cittadinanza e rumore xenofobo riservando ai giovani mancette di poco conto salvo poi dolersi per quantità e qualità (età giovane e istruzione elevata) di coloro che decidevano di votare con i piedi.
A fronte dell’emergenza la cultura gerontofila di una classe dirigente gerontocratica non cambia registro e conferma la strategia di breve termine volta a rinviare fin quando possibile la resa dei conti nella speranza di lasciare il cerino acceso a chi verrà in seguito.
Oltre che moralmente ingiusto ed economicamente iniquo si tratta di un atteggiamento profondamente miope ed autolesionista:
- chi pagherà pensioni e prestazioni di uno stato sociale generoso con l’elettorato di riferimento e spietato verso gli altri se diventa sempre meno conveniente produrre reddito tassabile?
- come convinceremo le istituzioni europee ad approvare finanziamenti e trasferimenti per sostenere la ripresa se non siamo in grado di proporre alcuna innovazione o percorso sostenibile e ci limitiamo a difendere lo status quo e nazionalizzare imprese morte?
- quale futuro possiamo attenderci se insistiamo a penalizzare i giovani a frustrare le aspettative e a incentivare l’emigrazione di chi è maggiormente capace?
Viviamo in un momento di profonda incertezza, una criticità che il governo in carica non solo è incapace di mitigare, ma che anzi amplifica con misure estemporanee e con la vistosa assenza di qualsiasi orizzonte progettuale, in questo quadro dalle tinte fosche, penalizzare i più giovani significa segare il ramo su cui siamo seduti, rinunciare a qualsiasi possibilità di riscatto collettivo e illudersi che la strategia del “si salvi chi può” a livello individuale possa avere un esito diverso dalla sconfitta registrata fino ad oggi.
La gestione miope dell’emergenza ha causato danni permanenti al capitale umano del nostro paese incrementando le distanza tra gli studenti più fortunati e capaci di apprendere da soli e quelli più fragili, accrescendo le disuguaglianze tra i lavoratori protetti e quelli esposti alla componente distruttiva del cambiamento in corso, ma soprattutto erodendo in modo drastico le prospettive future di migliorare la propria condizione condannando gli ultimi di oggi a rimanere indietro anche in futuro.

Le due caratteristiche che accomunano i perdenti di tutte le categorie sono quelle di avere un’età più giovane e meno da perdere da un eventuale collasso del sistema: la combinazione di questi due fattori lascia presagire che NON andrà tutto bene.
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