Impedire che i lavoratori possano essere licenziati durante una crisi economica e sociale come quella che stiamo attraversando può apparire una scelta ragionevole: quali impieghi alternativi potrebbero mai trovare i malcapitati che dovessero venire colpiti da una tale disgrazia? Mentre le frontiere si chiudono e le economie si congelano, che prospettive possono esserci per chi dovesse disgraziatamente rimanere senza lavoro?
Questa osservazione di senso comune sembra essere alla base delle scelte politiche effettuate non solo in Italia, ma anche in altri paesi europei e in particolare in Gran Bretegna, scelta oggetto di critiche in un numero recente de l’Economist.
Cercando di ragionare con lucidità e senza pregiudizi ideologici la questione appare in realtà più complessa e le decisioni da prendere meno ovvie.
Le prime criticità da valutare sono:
- per quanto tempo possiamo congelare la situazione?
- cosa succede quanto il divieto di licenziamento decade (perché prima o poi è logico che succeda)?
- salvare il “posto di lavoro” è la scelta migliore per il lavoratore e per l’impresa?
Posto che la sospensione dei licenziamenti può essere una misura solo temporanea, un punto di partenza per ragionare sulla questione è distinguere misure emergenziali di breve e brevissimo termine e risposte strutturali.
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