Nell’immaginario collettivo il debito non è una bella cosa. In tedesco Schuld che traduciamo come debito, significa anche colpa, biasimo. Probabilmente questa percezione negativa deriva da un legame emozionale che viene a crearsi con le circostanze particolari in cui i rapporti ordinari di debito e credito degenerano una delle due parti si trova gravata da oneri insostenibili e/o l’altra ne approfitta in modo indebito.
Non sorprende allora che, periodicamente, la cancellazione del debito, specie quello delle nazioni, emerga nel dibattito politico e faccia appello a leve di carattere etico invocando ideali di giustizia, solidarietà ed eguaglianza.
In quest’ottica si possono leggere le recenti affermazioni del presidente del parlamento europeo David Sassoli che ha invocato una cancellazione del debito pubblico legato alla pandemia, ipotesi che era stata ventilata anche dall’economista Leonardo Becchetti sulle pagine di Avvenire.
Insomma una narrazione affascinante: un debito cattivo di cui non abbiamo colpa, un’occasione per mostrarsi nobili esseri umani invece aridi ragionieri e una rosea prospettiva di crescita dopo che gli ostacoli della pesante zavorra accumulata in passato sono stati rimossi. Questa racconto intrigante come troppo spesso accade con le storie di successo finisce per allontanarsi sensibilmente dalla realtà che ha il difetto di essere meno attrante dei racconti ben scritti.
Vediamo allora alcune osservazioni sconvenienti sul tema, che rendono la prospettiva della cancellazione meno nobile e attraente.
In primo luogo è bene ricordare che ogni volta che un debito non viene ripagato il creditore subisce una perdita. Questo non cambia se il soggetto in questione è una banca centrale un’istituzione che, può regolare a piacimento la quantità di moneta in circolazione, ma che non ha il potere di modificare i beni e servizi esistenti nell’economia e dunque non può creare ricchezza dal nulla,
Se il debito “sparisce dal bilancio della BCE” allora vuol dire che le perdite ne erodono il capitale che gli stati nazionali dovranno ricostituire di fatto vanificando il beneficio derivante dal minor debito. Se invece la BCE creasse nuova moneta per compensare il debito la “perdita” reale andrebbe a spalmarsi su tutti i soggetti che detengono la valuta che subirebbe una riduzione del proprio potere d’acquisto in termini di beni e servizi.
Chiarito che il debito non sparisce e che al più si può trasferirne l’onere su qualcun altro ci potremmo chiedere quanto questo sia giusto: nel periodo della pandemia abbiamo assistito al salvataggio di Alitalia e all’acquisto di inutili banchi a rotelle quanto è meritorio sussidiare il debito contratto per far fronte a questo tipo di spese? Che incentivo lo stato sovraindebitato che ottiene un sollievo che incentivo riceve in merito alla qualità della spesa che ha effettuato?
La morale della favola è che i meccanismi finanziari possono agevolare lo spostamento nello spazio e nel tempo delle risorse reali, ma non possono modificarne la consistenza complessiva. Dunque immaginare di risolvere problemi reali per via finanziaria è un pericoloso abbaglio e occorre resistere al canto delle sirene che ci indirizzano verso scorciatoie che sono tanto attraenti quanto illusorie.
Il debito quando diventa eccessivo, si può legittimamente rinegoziare o ristrutturare, specie nelle scadenze e nei tempi di rimborso, ma è bene tenere a mente che quello che non paghiamo noi dovrà essere compensato da qualcun altro.
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