Puntuale come la morte e le tasse, la propaganda politica anti impresa, anti mercato e funzionale a una visione invadente e invasiva dello stato padre, padrone e protettore nella peggiore accezione del termine, si appunta sui salari e sulla infame avidità sfruttatrice degli imprenditori.
Senza nascondersi dietro un dito le imprese nostrane non sono esenti da critiche e su questo podcast non gli sono state mai risparmiate. Ci sono certamente delle aziende, troppo miopi per capire l’importanza di pagare in modo adeguato i collaboratori più utili o la valenza degli investimenti in innovazione tecnologica, dai quali dipende il futuro. Ma non è necessario preoccuparsi di queste realtà, perché in un sistema non distorto dovrebbero gradualmente autodistruggersi. Se invece ci accorgiamo che questi tratti deteriori finiscono per diventare elementi fondati di una certa cultura imprenditoriale, non c’è avarizia o cattiveria che tenga: sono le istituzioni e gli incentivi introdotti da una regolamentazione assurda, che selezionano in modo avverso gli imprenditori e i manager peggiori e promuovono la distruzione di benessere per la collettività.
Ma questo post è sulla narrazione dei salari bassi, come nemico da combattere per conquistare il consenso di quella parte dell’elettorato, che si dimostra sensibile alla tematica. Quali salari sono bassi? E soprattutto rispetto a che cosa?
Se guardiamo al costo della vita e alla sussistenza, il punto non dovrebbe essere il salario, ma il reddito disponibile che, oltre ai compensi lordi percepiti, include eventuali sussidi ma, soprattutto si ottiene sottraendo imposte e contributi previdenziali. Ammesso e non concesso, che il reddito disponibile sia troppo basso per le preferenze politiche di alcuni, potrebbe ben essere incrementato aumentando i sussidi, e/o riducendo il prelievo fiscale, ma impostate il discorso in questo modo evidentemente non si presta a strumentalizzazioni politiche.
Duque i salari bassi, intesi come frutto della cattiveria dei padroni, sono una narrazione opportunista e distorta, che banalizza meccanismi più complessi per non dover ammettere che il livello del reddito netto dei cittadini meno abbienti è influenzato più dalle distorsioni operate dallo stato e dai politici, che non dalla volontà o dalle scelte degli imprenditori.
Ma questo comporta responsabilità per i lavoratori che accedono a questo tipo di opportunità e sanzioni per quelli che ne abusano ed in ultima istanza l’accettazione che anche la retribuzione e le altre voci che incidono sul costo del lavoro siano sufficientemente flessibili per essere coerenti con questo schema.
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