Capitolo 11 – Conviene comprare titoli del debito pubblico?

La prima parte di questo libro si è occupata del debito pubblico osservandolo dal punto di vista delle nazioni che lo emettono. Abbiamo visto come l’obbligo di pagare interessi sul debito passato condizioni l’operato dei governi presenti e spiegato come la comprensione di queste dinamiche sia indispensabile per formarsi un’opinione correttamente informata sulla politica del paese. Nella seconda cambiamo prospettiva e ci mettiamo nei panni dei risparmiatori che devono valutare la possibilità di destinare una quota del proprio risparmio all’acquisto di questi titoli.

Dunque, domandiamoci: conviene comprare i titoli del debito pubblico?

La domanda assume particolare rilievo in considerazione del recente aumento delle emissioni di debito pubblico dedicate alle famiglie (BTP Italia e BTP Futura) e dei sempre più frequenti riferimenti alla “mobilizzazione” del risparmio privato con tanto di agevolazioni fiscali come quelle riservate ai Piani Individuali di Risparmio (PIR).

È corretto chiedere ai risparmiatori privati di investire in questo tipo di attività? Come si fa a giudicare opportunità e convenienza di scelte di questo genere? È vero che gli italiani non investono abbastanza nell’economia del loro paese, come spesso sentiamo ripetere, in modo forse un po’ troppo interessato, dagli stessi soggetti che ambiscono a intercettare i risparmi delle famiglie?

Facciamo un passo indietro per inquadrare opportunamente la questione e chiariamo un punto fermo: non ha senso chiedersi se questa o quella azione siano “da comprare” o meno, oppure se i nuovi BTP che il governo decide di collocare presso le famiglie possano essere “un’occasione” o addirittura “un affare”.

Una corretta pianificazione e gestione della propria finanza personale presuppone, in via preliminare, un’analisi approfondita delle proprie esigenze e preferenze individuali e la costruzione e l’aggiornamento nel tempo di un portafoglio equilibrato inteso come insieme di attività finanziarie con caratteristiche differenziate di liquidità e rischio. Il punto di partenza per gestire in modo razionale le proprie finanze è rifarsi al monito antico dell’oracolo di Delfi: Conosci Te Stesso.

Non ha senso chiedersi in generale se conviene comprare i BTP del momento, come non ha senso andare a caccia di affari: amministrare in modo oculato i propri risparmi è questione diversa dall’inseguire i capi firmati durante i saldi o dal fare incetta di tonno in scatola mentre è in vigore la promozione sul sottocosto.

Ognuno di noi dovrebbe detenere in forma liquida, cioè in attività immediatamente utilizzabili come mezzo di pagamento (contanti, giacenze di conto corrente), una quantità di denaro sufficiente a coprire i consumi di tutti i giorni e far fronte ad eventuali imprevisti. Il resto del proprio patrimonio andrebbe ripartito tra attività finanziarie, che a fronte di una liquidità inferiore possano consentire una crescita del patrimonio nel medio e lungo termine ed eventualmente generare dei proventi periodici. Fin qui il discorso potrebbe apparire fin troppo ovvio, tuttavia qualsiasi ragionamento più articolato e complicato a piacere parte da queste semplici considerazioni.

Chiamiamo liquidità tutti gli strumenti che sono accettati immediatamente come mezzo di pagamento. Sono liquidità i contanti e le giacenze di conto corrente alle quali attinge periodicamente la carta di credito con la quale facciamo acquisti. La liquidità ha il pregio di essere immediatamente utilizzabile per fare acquisti, tuttavia ha anche un costo-opportunità: a fronte del beneficio della “spendibilità immediata” rinunciamo alla possibilità di ottenere un rendimento impiegando i soldi in attività finanziarie come le azioni e le obbligazioni.

Supponiamo che un individuo guadagni 1500 euro al mese e che ne spenda mediamente circa 200 in alimentari, 100 per utenze, 300 per il tempo libero e circa 400 per la rata variabile del mutuo. È sufficiente mantenere liquidità per 1000 euro in modo da poter investire in attività meno liquide i restanti 500? No, perché tutte le voci menzionate potrebbero subire delle oscillazioni. Dunque, un altro elemento fondamentale che abbiamo di continuo sotto gli occhi al punto da considerarlo ovvio è il carattere di incertezza del mondo in cui viviamo.

Tornando alla domanda iniziale, prima di chiederci se conviene comprare titoli dovremmo stabilire quanta parte del nostro patrimonio dovremmo detenere sotto forma di liquidità e quanta possiamo dedicare ad attività meno liquide. Quest’ultima porzione del nostro portafoglio può contenere anche obbligazioni e quindi ha senso valutare se tra queste possono rientrare anche titoli di debito pubblico.

Se fin qui il discorso non è abbastanza chiaro non spaventatevi: lo diventerà leggendo i capitoli successivi.

Per riepilogare:

  1. il debito pubblico che gli stati emettono per finanziarsi è una delle attività nelle quali si può impiegare il risparmio delle famiglie
  2. la convenienza di questo tipo di investimento va valutata in relazione alle necessità e alle preferenze dell’individuo: non esistono valutazioni di convenienza assolute che vadano bene per tutti
  3. Ciascuno di noi dovrebbe prima costruire il proprio portafoglio di attività finanziarie in modo equilibrato e poi valutare se i titoli di stato possono trovare posto in questa struttura
  4. Un portafoglio equilibrato ci consente di
    1. mantenere liquidità sufficiente per far fronte alle esigenze di consumo corrente e ai potenziali imprevisti
    1. impiegare la parte che destiniamo ad attività meno liquide in modo coerente con una pianificazione di lungo periodo che tenga conto delle nostre preferenze in termini di rischi da assumere per ottenere dei rendimenti

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GLG – Gerson Lehrman Group – Council Member

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Pubblicato da Massimo Famularo

Investment Manager and Blogger Focus on Distressed Assets and Non Performing Loans Interested in Politics, Economics,

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