Estratto dal libro La Finanza in Soldoni disponibile in Ebook e Cartaceo su Amazon.
Quale ruolo debba o possa svolgere lo stato nel processo che porta alla crescita economica è un discorso abbastanza spinoso, perché coinvolge profili prettamente politici e si presta a strumentalizzazioni ideologiche.
Secondo i sostenitori del cosiddetto “stato minimo”, il governo dovrebbe occuparsi di mantenere l’ordine pubblico, difendere i confini e amministrare la giustizia. In quest’ottica è l’idea di fondo è che l’economia cresca da sé quando esistono alcuni presupposti di base (tutela dei diritti di proprietà, certezza del diritto etc) e quando non ci sono impedimenti da parte delle istituzioni.
Man mano che le società moderne sono diventate più articolate, complesse e sufficientemente ricche da poter valutare oneri aggiuntivi a carico della collettività, il governo ha iniziato ad occuparsi anche di altre cose, come alcune forme di sostegno agli individui più deboli (pensioni, stato sociale) e la fornitura di alcuni beni e servizi meritori (istruzione di base, sanità, infrastrutture che i privati non trovano conveniente realizzare).
Altre attività eccedenti il cosiddetto stato minimo includono la correzione di alcuni “fallimenti di mercato” (esternalità negative, monopoli naturali), la manutenzione dei presupposti che garantiscono la crescita (tutela della concorrenza) e l’ordinato funzionamento del sistema economico.
In seguito alla Grande Depressione registrata nel secolo scorso, nel dibattito pubblico fa il suo ingresso l’idea che lo stato debba anche intervenire nei casi eccezionali in cui l’economia non riesce più a tornare a “crescere da sola”. Queste idee vengono generalmente associate al nome dell’Economista inglese John Maynard Keynes.
È bene chiarire che il punto di partenza di queste idee è la possibilità che ci siano delle circostanze (es trappola della liquidità) in cui l’economia “non ce la fa a ripartire da sola” e dunque è necessario che il governo “le dia una spinta”. Estensioni in base alle quali l’intervento dello stato possa essere continuo, incisivo e volto a eliminare gli effetti negativi del ciclo economico non sono direttamente riconducibili al pensiero dell’economista britannico.
Senza farla troppo lunga è di tutta evidenza che politici e funzionari pubblici abbiano un forte interesse a perseguire un ruolo attivo dello stato nell’economia poiché questo coincide con i loro interessi di categoria. I politici possono ottenere consenso e voti in cambio di particolari indirizzi della spesa pubblica. I funzionari pubblici vedono crescere il proprio potere in misura proporzionale al ruolo dello stato nell’economia.
Cercando di essere il più possibile obiettivi si torna alla distinzione tra debito buono e cattivo illustrata da Mario Draghi nel discorso di Rimini.
Se l’intervento dello stato agevola l’espletamento della iniziativa privata o ne incentiva lo sviluppo allora si può dire si tratta di un’azione che favorisce la crescita economica e, si può ipotizzare che il debito contratto per finanziarla sia buono e sostenibile nel tempo. In tutti gli altri casi, l’intervento è strettamente politico, volto a aumentare il benessere di alcune categorie di cittadini a spese di altri, con un impatto sulla crescita nullo o, in molti casi negativo.
In un libro recente, l’economista Pietro Ichino ha parlato di giacimenti occupazionali (L’intelligenza del lavoro: Quando sono i lavoratori a scegliersi l’imprenditore, Rizzoli, 2020): si tratta di posti di lavoro che le imprese italiane non riescono a coprire, perché non trovano lavoratori con le competenze adeguate. Se lo stato finanziasse gli studi di chi verrà assunto per coprire quelle mansioni avremmo sicuramente una occupazione aggiuntiva e delle entrate fiscali che nel tempo potrebbero con ogni probabilità compensare la spesa iniziale per la formazione.
Questo esempio di intervento virtuoso dello stato nell’economia lascia intendere come le misure appartenenti a questa categoria siano molto rare.
Per sfuggire alle distorsioni ideologiche e strumentalizzazioni di parte è bene tenere a mente una semplice distinzione. L’intervento dello stato nell’economia può essere di due tipi:
- Volto ad ottenere una maggiore crescita futura e dunque ad accrescere il benessere della collettività
- Volto a modificare l’allocazione presente delle risorse e dei diritti, cioè togliere qualcosa a una categoria per darlo a un’altra che si reputa più meritevole o bisognosa o semplicemente più vicina ai propri interessi
Entrambi gli interventi sono politicamente e democraticamente legittimi, ma quelli del secondo tipo hanno un costo nascosto nella misura in cui possono rallentare o addirittura ostacolare la crescita economica. Se l’ingerenza dello stato arriva rendere meno conveniente l’attività d’impresa, ci saranno minori incentivi per gli imprenditori locali a investire nelle proprie aziende e per quelli stranieri ad insediarsi in Italia.
Nel lungo termine questo tipo di politica determina il declino del paese.
Dunque gli interventi del primo tipo sono sempre desiderabili perché vanno a vantaggio di tutti (alcuni ne traggono ovviamente benefici maggiori, ma di questo parleremo discutendo di diseguaglianza); quelli del secondo hanno tipicamente benefici immediati per una minoranza di individui e costi di lungo termine per tutti, dunque è fondamentale che vengano realizzati all’interno di un processo democratico e trasparente.
Ultima osservazione meritano gli investimenti che lo stato dedica alla crescita: nel dibattito italiano più recente sembra che questi debbano essere in gran parte indirizzati verso la realizzazione di infrastrutture fisiche come ponti, strade o reti per la connessione internet veloce.
A questo proposito è bene considerare che non tutte le infrastrutture fisiche contribuiscono necessariamente alla crescita e che questo si verifica più di frequente nei paesi più poveri e nelle economie in via di sviluppo. Se il tragitto tra Roma e Napoli, fatto in carrozza su una strada sterrata richiede una giornata, è abbastanza plausibile che costruire una ferrovia che consenta alle merci di coprire la tratta in 2 ore possa portare un contributo importante al commercio e alla crescita economica.
Aggiungere una linea ad alta velocità per consentire ai passeggeri di coprire il tratto in 50 minuti è più complesso da valutare. Occorre considerare ad esempio se la tratta è parte di una linea più lunga (ad esempio Torino-Milano- Salerno) e se può andare incontro alle necessità di lavoratori o di turisti che apportano un contributo rilevante alla crescita dell’economia. Una valutazione del rapporto tra costi e benefici dovrebbe essere affidata a tecnici qualificati che tengano conto di tutte le variabili rilevanti.
Portare la fibra ottica ad un paese di montagna con 50 abitanti (età media 60 anni) può apparire nobile e giusto, ma la conoscenza dei rudimenti della finanza e dell’economia ci insegna che molto difficilmente si tratta di un investimento che si ripaga da solo (ossia genera entrate future sufficienti a ripagare i costi di realizzo). Si tratta di un’iniziativa che un paese sufficientemente ricco può decidere democraticamente di intraprendere caricando a tutta la popolazione il costo di offrire un servizio a 50 persone e accettandone il costo-opportunità.
Nessuna formula può dirci se una decisione sia giusta o sbagliata, quello che i tecnici possono dirci è quanto costa e quanto valgono i benefici ottenuti dai destinatari, poi sta agli elettori/contribuenti valutare se esistevano impieghi alternativi preferibili.
Esiste un consenso abbastanza vasto (confermato ad esempio dai riferimenti di Draghi al Capitale Umano) che gli investimenti pubblici più produttivi per le economie avanzate come quella italiana riguardino la formazione sia scolastica che professionale delle persone, la ricerca scientifica finalizzata all’innovazione tecnologica (di recente con particolare orientamento alla sostenibilità ambientale) e la rimozione degli ostacoli burocratici e regolamentari all’esercizio dell’attività d’impresa.
Per riepilogare:
- L’intervento dello stato nell’economia è un tema cruciale nel dibattito politico ed economico contemporaneo
- Nell’affrontare l’argomento occorre tenere presente il conflitto di interessi esistente per i politici e per i funzionari pubblici per i quali al crescere del ruolo dello stato aumenta il potere individuale e la possibilità di influenzare il consenso degli elettori
- Gli interventi che non sono finalizzati alla crescita hanno carattere “politico” ed è necessario che siano decisi e realizzati mediante un processo democratico trasparente che renda palese chi riceve i benefici e chi si fa carico dei costi
- Gli interventi che favoriscono la crescita economica sono sostenibili nel tempo (genereranno entrate fiscali tali da compensare la spesa impiegata) e il debito che li finanzia è buono
- Stabilire se un investimento pubblico contribuisce alla crescita è materia complessa che richiede l’intervento di specialisti per stimare i costi e i benefici
Nelle società più avanzate gli investimenti più produttivi riguardano lo sviluppo del capitale umano, la ricerca scientifica e la libertà di esercizio dell’attività d’impresa.
Note e Riferimenti:
Welfare state: https://en.wikipedia.org/wiki/Welfare_state
Politica fiscale e crescita: https://www.noisefromamerika.org/articolo/articolo-politica-fiscale-crescita/
Night-watchman state: https://en.wikipedia.org/wiki/Night-watchman_state
Market failure: https://en.wikipedia.org/wiki/Market_failure
Keynesian economics: https://en.wikipedia.org/wiki/Keynesian_economics
Business cycle https://en.wikipedia.org/wiki/Business_cycle
Liquidity Trap:
https://www.investopedia.com/terms/l/liquiditytrap.asp
Liquidity Trap:
https://en.wikipedia.org/wiki/Liquidity_trap
Recovery Fund: imparare dai fondi strutturali https://www.lavoce.info/archives/69173/recovery-fund-lezioni-utili-per-usarlo-bene/
Audizione nell’ambito dell’attività conoscitiva preliminare ai fini dell’individuazione delle priorità nell’utilizzo del Recovery Fund https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/interventi-vari/int-var-2020/BALASSONE_audizione_07092020.pdf
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